Bioideologia

Tommaso Guariento
11 min readDec 12, 2020

Mentre preparavo il materiale bibliografico per la presentazione di Maghi, Guerrieri e Guaritori di Fabrizio Luisi sono inciampato un uno strano settore disciplinare: lo studio delle influenze biologiche sulle scelte di posizionamento politico. Non è proprio un settore molto conosciuto, o, perlomeno così mi sembra di capire dal mio punto di vista. Apparentemente, c’è una sola monografia in italiano che tratta questo tema, ed è Menti Tribali di Jonathan Haidt.

Questo psicologo statunitense è noto per aver elaborato la cosiddetta moral foundations theory, ovvero una matrice interpretativa universale che mette assieme sei coppie di valori (Care/Harm, Fairness/Cheating, Loyalty/Betrayal, Authority/Subversion, Sanctity/Degradation, and Liberty/Oppression) che andrebbero a identificare la struttura delle variazioni morali e politiche di qualsiasi individuo, gruppo o nazione appartenente alla nostra specie.

La matrice morale di Haidt

L’esistenza di questa matrice sarebbe comprovata non solo dai risultati di un ampio questionario distribuito a scala internazionale, ma, e questo è l’aspetto più interessante, da una serie di ricerche che confermano l’esistenza di marcatori neurologici, fisiologici, cognitivi e genetici delle differenze politiche.

Haidt dedica gran parte del libro alla determinazione di una divisione ideologica — quella fra conservatori e progressisti — che si verificherebbe indipendentemente dalle variazioni storiche, geografiche e sociali. I progressisti sarebbero caratterizzati da un comportamento empatico, ed uno stile cognitivo mobile, interessato alla novità e all’innovazione. Credono nella giustizia, intesa come uguaglianza, e disprezzano le gerarchie e i confini. La struttura morale dei conservatori è più ampia: sono principalmente mossi dal disgusto per la diversità e la novità — sentimento che viene misurato in termini percettivi ed emotivi- dal rispetto per l’autorità, anche quando è imposta arbitrariamente e, infine, da un’idea di giustizia meritocratica.

Le tre tendenze morali di Haidt

La differenza fra progressisti e liberali libertari sta nell’assenza di interesse verso il valore di empatia e protezione dei gruppi oppressi. Mentre i conservatori riescono a riempire tutto lo spettro dei valori morali, i progressisti e i libertari sembrano ragionare in termini molto più semplici. Questo è prevedibile: gli elementi della morale conservatrice sono legati alla mentalità ed alla morale religiosa, e si fondano su una partizione molto netta fra puro ed impuro, fedele ed infedele e giusto/sbagliato. Progressisti e libertari appartengono ad un epoca secolarizzata, che inizia con la Modernità, e che, indipendentemente dalla connotazione (socialista o liberale), nega con forza i valori della società feudale premoderna.

Tuttavia, se si prende il valore della sacralità, e lo si declina secondo questi assi (progressista, conservatore, liberale), si otterranno dei risultati completamente diversi. Sacro per Haidt rappresenta ciò che è intoccabile, arbitrario e separato dalla vita comune. Il contrario di sacro è discutibile collettivamente, come un contratto, oppure è impuro, sporco, pericoloso, caotico. Per il conservatore sacre sono le regole, le divinità, la nazione, i legami di parentela, per il progressista sacro è l’escluso, il subalterno, il senza-categoria, per il liberale sacro è l’ordine emergente del mercato, che alloca ‘miracolosamente’ premi e pene alla società e all’economia.

Volendo approfondire la tesi di Haidt si potrebbe leggere Predisposed: Liberals, Conservatives, and the Biology of Political Differences di John R. Hibbing, Kevin B. Smith e John R. Alford. Le tesi esposte in questa singolare monografia portano ulteriori conferme all’ipotesi di Haidt. La partizione fra progressisti e conservatori sembra replicarsi nei campi più disparati, dai gusti alimentari alle preferenze per l’arredamento d’interni. Lo scopo che gli autori si prefiggono è quello di dimostrare, in ultima analisi, l’origine genetica delle differenze politiche. La nostra specie, per ragioni di sopravvivenza evoluzionistica, sarebbe suddivisa in due sottoclassi, emerse all’incirca nel corso della rivoluzione neolitica. La mentalità conservatrice — istintiva, religiosa, empatica solo verso i suoi simili, segnata dal disgusto e mossa da forti sentimenti — avrebbe proliferato nelle società di caccia e raccolta per poi affievolirsi durante la conquista delle tecniche di agricoltura e domesticazione animale. Altre tendenze, più empatiche, orientate alla scoperta si sarebbero diffuse, ma non avrebbero mai eliminato i comportamenti precedenti. Da qui, la storia potrebbe essere narrata nelle opposizioni dialettiche del Manifesto di Marx ed Engels:

Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta.

Quello che Haidt e Hibbing oppongono alla visione sociocentrica di Marx ed Engels (e dell’antropologia culturale) è che una parte delle cause della differenza fra ideologie è di origine biologica. Non si tratta di determinare gli orientamenti politici da tratti neurologici o genetici, ma di inserire nella complessa rete di fattori che contribuiscono a formare un’ideologia politica (l’ambiente, le relazioni sociali, la propaganda, le esperienze di vita, etc.), anche una componente di predisposizione biologica.

Sembrerebbe che le principali differenze fra queste due sottoclassi siano una specie di rapporto conflittuale in termini di gusto, percezione e stili di ragionamento. Studi sul tracciamo dei movimenti oculari dimostrano che c’è una propensione dei conservatori per la focalizzazione su immagini disgustose, o categorizzabili come negative. E, in presenza di un’immagine composita, a soffermarsi sui particolari più paurosi ed erotici, o sulle effigi dell’autorità. I progressisti, mossi dall’empatia, si soffermerebbero maggiormente sui volti, sulle espressioni e sulle scene di oppressione. I conservatori, in altre parole, vedono la società come un campo di battaglia e interpretano, indipendentemente dalla realtà, ogni nuovo stimolo come potenzialmente pericoloso. Posti di fronte ad un gioco di selezione di nuove informazioni saranno restii, tenderanno a giudicare prima di conoscere le fonti. I progressisti, al contrario, saranno maggiormente interessanti dalla novità, al punto da essere totalmente soggiogati, non riuscendo a discriminare i vantaggi e i potenziali rischi.

I punti rossi sono le zone dove si sofferma lo sguardo di un conservare, quelli blu invece, di un progressista

Volendo verificare empiricamente la veridicità di questi risultati sperimentali, ci basta rivolgerci all’universo iconico della propaganda memetica, e vedere che immagini ci propongono l’estrema destra e l’estrema sinistra. Se osserviamo le apocalittiche visioni di Ghisberto, troveremo esattamente quei punti che Haidt e soci sottolineano: paura per il caos prodotto dall’intersezione categoriale (fra italiani e migranti, fra etero-cisnormalità ed identità di genere o orientamenti sessuali queer, fra meritocrazia e sprechi). In altre parole, c’è, in queste raffigurazioni una precisa idea di ‘natura umana’ originariamente malvagia, guerrafondaia, sfruttatrice e incosciente.

Come l’agente Smith urla a Neo:

L’odore soprattutto. Ammesso che esista, certo. Ne sono saturato, mi nausea a sentire il tuo fetore. E devo confessarti che ho paura di rimanere in qualche modo infettato dal tuo puzzo repellente.

La percezione degli odori, il senso del disgusto, così come la paura per il mostruoso differiscono radicalmente in conservatori e progressisti. E i disegni di Ghisberto sono esattamente così: pieni di mostri, di secrezioni corporee, di disgusto, di decadenza, di confusione, di odio e guerra.

Ghisberto, Il caos buonista

Al contrario, la propaganda memetica della sinistra radicale di Polpo di Stato sembra tessere l’elogio dell’empatia, dell’ibridazione, della modificazione tecnologia, delle differenze, della confusione.

Meme di Polpo di Stato

Se quindi la percezione della realtà di conservatori e progressisti è così diversa, al punto che sembra che stiano vedendo e descrivendo due fenomeni completamente diversi, com’è possibile che nella stessa ed unica costruzione sociale esistano due polarità così contrastanti?

Forse una spiegazione potrebbe provenire dall’antropologia culturale e dalla narrativa. Prendiamo un caso di bipartizione percettiva descritto da Lévi-Strauss in Antropologia Strutturale:

Un riferimento all’analisi esemplare di Levi-Strauss, dalla sua Antropologia Strutturale, della disposizione spaziale degli edifici dei Winnebago, una delle tribù del Grande Lago, potrebbe essere di aiuto in questo caso. La tribù è divisa in due sottogruppi “quelli che vengono dall’alto” e “quelli che vengono dal basso”; quando chiediamo a un individuo di disegnare su un foglio di carta, o sulla sabbia, la pianta del suo villaggio (la disposizione spaziale delle capanne), otteniamo due risposte ben diverse, a seconda della sua appartenenza all’uno o all’altro sottogruppo. Entrambi percepiscono il villaggio come un cerchio; ma per un sottogruppo c’è all’interno di questo cerchio un altro cerchio di case centrali, in modo da avere due cerchi concentrici, mentre per l’altro sottogruppo il cerchio è diviso in due da una chiara linea divisoria. In altre parole, un membro del primo sottogruppo (chiamiamolo “conservatore-corporatista”) percepisce la pianta del villaggio come un anello di case disposte più o meno simmetricamente intorno al tempio centrale, mentre un membro del secondo sottogruppo (“rivoluzionario-antagonista”) percepisce il suo villaggio come due distinti cumuli di case separate da una frontiera invisibile. La tesi di Lévi-Strauss è che questo esempio non deve in alcun modo portarci al relativismo culturale, secondo il quale la percezione dello spazio sociale dipende dall’appartenenza al gruppo dell’osservatore: la scissione stessa nelle due percezioni “relative” implica un riferimento nascosto a una costante — non la disposizione oggettiva, “reale” degli edifici, ma un nucleo traumatico, un antagonismo fondamentale che gli abitanti del villaggio non sono stati in grado di simboleggiare, di risolvere di “interiorizzare” — uno squilibrio nei rapporti sociali che ha impedito alla comunità di stabilizzarsi in un insieme armonioso. Le due percezioni del piano terreno sono semplicemente due sforzi che si escludono a vicenda per far fronte a questo antagonismo traumatico, per sanare la ferita attraverso l’imposizione di una struttura simbolica equilibrata […] basta ricordare la divisione del nostro spazio politico a destra e a sinistra: una sinistra e una destra si comportano esattamente come i membri dei sottogruppi opposti del villaggio levi-straussiano. Non solo occupano posti diversi all’interno dello spazio politico, ma ognuno di loro percepisce in modo diverso la disposizione stessa dello spazio politico: la sinistra come campo intrinsecamente diviso da qualche antagonismo fondamentale, la destra come unità organica di una comunità disturbata solo da intrusi stranieri. (Zizek, The Matrix)

Nel libro di Luisi, Maghi, Guerrieri e Guaritori viene menzionata la nota finestra di Overton, ovvero quello strumento che serve a determinare il grado di accettabilità o rifiuto di una nuova tematica nell’arena di discussione dell’opinione pubblica.

Finestra di Overton

Questo concetto serve a mostrare come la posizione delle idee in un campo di discussione sociale, psicologico e politico sia continuamente mossa da gruppi di pressione egemonica che vogliono ottenere la conquista delle menti e del sistema giuridico rispetto a proposte o temi particolarmente radicali. La penetrazione di un’idea nel pubblico dibattito (ad es. l’aborto è corretto) passa per una iniziale opposizione, ad una tiepida accettazione, ad una normalizzazione fino al conseguimento della giustificazione legale. Se pensiamo quindi che la struttura ideologica di conservatori e progressisti funzioni come una apparato ottico distorcente, che altera i soggetti e le loro proprietà, la finestra di Overton rappresenta la ciclica oscillazione fra queste due visioni opposte. Si aggiunga che Haidt non solo connette le ideologie a una base biologica, ma cerca di giustificare anche la loro origine cognitiva. In altre parole, lo spettro di differenze ideologiche sarebbe molto meno sfumato di quello che sembra e la sua natura duale sarebbe spiegabile con la presenza o l’assenza di un certo modulo cognitivo.

Allo stesso modo, per Luisi le macro-narrazioni (frame) impiegate nella costruzione di una storia politica avvincente in grado di catturare l’elettore non possono essere sfumate, complesse, eterogenee, ma devono essere semplici, chiare e mutualmente esclusive.

Luisi identifica inoltre un quadrato oppositivo di bisogni che il politico deve considerare quando si rivolge al suo elettorato: stabilità, cambiamento, rivelazione, autonomia. A questi bisogni assocerà, in seguito, la caratterizzazione dei 12 archetipi, o tipologie narrative che il politico deve incarnare. La contrapposizione fra stabilità e cambiamento è chiaramente sovrapponibile con la distinzione fra progressisti e conservatori rilevata da Haidt, alla quale si andrebbe a sovrapporre un’ulteriore dicotomia fra autonomia a rivelazione.

Stabilità, cambiamento, rivelazione, autonomia

Lo schema di Luisi non sembra differire di molto da noto political compass che ritroviamo in molte pagine politiche di reddit e Facebook. In questo caso gli assi sono destra/sinistra vs autorità e libertà individuale.

Political Compass

Anche la teoria dei fondamenti morali di Haidt è fondata su un simile dispositivo di categorizzazione, solamente che l’analisi di Luisi è prescrittiva, mentre quella di Haidt vorrebbe essere descrittiva.

Questo strano cortocircuito fra origine narrativa o biologica delle ideologie politiche ha come esito finale un fenomeno del quale non riesco ancora a fornire una spiegazione eloquente. Il modello dello storytelling archetipico esposto da Luisi è una variazione dei tipi psicologici e narrativi di Jung e Campbell. La sua esposizione più esaustiva si trova in The Hero and the Outlow di Margaret Mark e Carol Pearson.

I 12 archetipi di Margaret Mark e Carol Pearson.

Ognuno dei 12 archetipi ha una sua personalità, come i segni zodiacali, e si muove nell’intersezione dei valori precedentemente descritti. C’è quindi una opposizione binaria (ordine vs caos, individuo vs collettivo) dalla quale, per combinatoria, scaturirebbero 12 figure diverse. C’è però un modello molto simile a quello degli archetipi: la teoria dei valori universali di Shalom H. Schwartz che, a differenza del modello junghiano ha delle forti basi sperimentali. Anche in questo caso, si tratta di un modello nato per classificare le diverse tipologie di personalità sulla base degli ideali che regolano la loro esistenza, e anche in questo abbiamo più figure che sono organizzate attorno a due assi (conservazione vs cambiamento, miglioramento di sé, trascendimento di sé).

Teoria dei valori universali di Schwartz

Ora, se seguiamo Haidt e i propugnatori della genopolica, dovremmo ammettere che esistono, fra i vari fattori che contribuiscono a creare l’ecosistema delle ideologie politiche contrapposte, delle vere e proprie basi neurologiche e genetiche: un certo modello percettivo, una diversa fisionomia di alcune aree del cervello (come l’amigdala), diverse reazioni agli odori, agli stimoli visivi, una diversa concentrazione di dopamina nel cervello, etc.

Questa prospettiva, sebbene molto incerta, emergente ed incompleta, apre ad un futuro strano. Da un lato, se si ricevessero ulteriori conferme delle diversità biologiche connesse alle preferenze politiche, sarebbe necessario rivedere in toto la maggior parte delle teorie antropologiche, politiche e sociologiche. Dall’altro: che ruolo potrebbero avere, in futuro, strumenti come la manipolazione del consenso, la propaganda, la democrazia rappresentativa? E infine: che rapporto ha questo discorso sulle differenti modalità di classificare gli archetipi narrativi e le strutture genetiche con la naturale propensione della nostra specie per le tassonomie?

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